Ti voglio bene, papà!

Diciotto anni… Accidenti papà, come passa il tempo! Eppure sembra ieri che mi abbracciavi -sofferente sul divano per la tua malattia e forse per la prima volta-, con la tenerezza di un padre che ha sempre mantenuto un atteggiamento di uomo duro per non apparire “debole” nel nostro percorso educativo. Già, erano altri tempi quelli che abbiamo vissuto, i tempi in cui si prendevano i ceffoni anche per una risposta data con troppa “energia”, o perché arrivava a casa il richiamo della maestra per non aver fatto i compiti o, ancor peggio, per aver mancato di rispetto a qualcuno. Erano proprio altri tempi…

Ricordo, una volta, che ritornai a casa all’imbrunire, in estate -avevo 14 anni- e tu mi aspettavi davanti casa, con in mano la “temuta” cintura dei pantaloni… Un solo “colpetto” accompagnato dalla tua voce perentoria che diceva: “A letto senza cena!”. E pensare che io già faccio parte di una generazione che di queste cose ne ricorda davvero poche! Ma devo dirti, papà, che non mi facesti male, no… perché sia nelle tue parole, sia in quella “cintura” io oggi rivedo i miei errori, la mia mancanza di rispetto alle regole che tu ci davi e che puntualmente  -almeno quelle più “leggere”- io disattendevo.
Ricordo che nel tuo essere “duro” c’era sempre quel sottinteso “ti voglio bene, figlio mio” che non pronunciavi, ma che oggi comprendo e che mi manca tantissimo… Prenderei volentieri venti frustate -ma violente, non come quelle che davi a noi per punizione”- ne accetterei le piaghe, se solo potessi riaverti qui per raccontarti di me e per farmi raccontare di te… Per poter assaporare tutte quelle cose che non ho saputo apprezzare in passato, quando ero troppo preso dalle mie cose e non mi accorgevo che il tempo (e successivamente la malattia), prima o poi, ti avrebbero trascinato verso altri prati a noi sconosciuti.
Vengo lì, davanti alla tua tomba, e ti parlo, come se tu mi stessi ascoltando… ti confido i miei problemi, i miei timori, le mie speranze… e aspetto sempre che tu, in un modo o in un altro, possa darmi il tuo conforto, una risposta alle mie tante domande…
Diciotto anni… Come vola il tempo! Sai, papà… ancora oggi, dopo tanto tempo, io mi ritrovo, proprio come il giorno in cui ti abbiamo lasciato nella tua “nuova casa”, a chiederti perdono e a chiedermi se nel frattempo, tu mi abbia perdonato per le cose che non ho saputo fare per te, soprattutto una… e piango, proprio come allora… Chissà se accadrà mai che, sognandoti, tu possa dirmi “figlio mio, non ti ho perdonato perché non c’era nulla da perdonarti…!”…e restituirmi una serenità che non riesco a trovare per un perdono che, molto probabilmente, sono io che non riesco a darmi…
Ti voglio bene, papà…

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