Elezioni Amministrative: la doppia preferenza.

Elezioni amministrative la doppia preferenza

elezioni-comunali-2013-600x367Con la Legge 215 del 23 novembre 2012, a quanto pare, alle Elezioni Amministrative viene data la possibilità di votare due nominativi della stessa lista, obbligatoriamente di sesso diverso, al fine (questo lo spirito della Legge) di riequilibrare la rappresentanza negli organi elettivi.
Sostengo la parità dei diritti da quando ero ragazzino, perciò lungi da me ogni volontà discriminatoria nei confronti del genere femminile, ma in questa Legge trovo due elementi fortemente negativi, uno nei confronti della donna e uno verso la Costituzione Italiana.
L’eguaglianza di cui si parla nell’articolo 3 ed il dovere di rimuovere gli ostacoli che dovessero limitare la libertà impedendo la partecipazione alla vita politica, non possono certamente essere confusi con l’obbligo di dover compiere “una scelta” piuttosto che un’altra, poiché limiterebbe di fatto la libertà dell’individuo. E mi sembra pure che sia stata fatta una notevole forzatura al significato di “pari opportunità”, poiché in questo modo non si dà alla donna la possibilità di dimostrare che ha le stesse -se non superiori- capacità di un uomo, bensì le si garantisce un orientamento di scelta che non ha conquistato mostrando le proprie capacità, ma che ha ottenuto con una Legge a prescindere.
Sembra davvero da parte mia un volere attaccare la figura femminile, ma in effetti è l’esatto contrario.
In politica (e non solo in politica) occorre saper conquistare il proprio spazio e sicuramente, in una società dominata dal genere maschile, per una donna diventa complicato affermare se stessa e le proprie idee, ma io credo fortemente che anche in un Civico Consesso quest’affermazione debba passare attraverso la conquista di un posto in lista per meriti e non per imposizioni di Legge. Difatti nulla avrebbe vietato la composizione di una lista di solo donne, se il problema fosse stato solo questo.
E’ un aspetto culturale che sta via via modificandosi nel tempo e là dove una donna è riuscita a portare la sua presenza di persona capace al pari di altri, la sua affermazione è stata un processo naturale, frutto di una conquista e non di una imposizione.
Se fossi stato donna, questa Legge mi avrebbe offeso perché implicitamente sostiene la tesi dell’incapacità a farsi strada senza l’obbligo legale che impone al maschio di cederle il passo. Non la ritengo una “conquista”, ma un notevole passo indietro nel processo di emancipazione a cui giustamente e caparbiamente la donna ha dato vita con le sue proteste e con la conseguente dimostrazione che la “superiorità” non esiste da parte di nessuno, ma solo un sapersi fare strada per capacità manifeste non dipendenti dal sesso o dalla razza di appartenenza.
Il rispetto verso le persone ed il riconoscimento delle pari opportunità sono valori ben chiari nella nostra Costituzione e credo siano innegabili a prescindere, mentre il senso che viene fuori da questa Legge, a mio avviso -seppur partendo nell’intenzione dagli stessi sacrosanti princìpi-, nel tentativo di ribadire quei concetti, non fa altro che violarli.
E’ evidente che ancora siamo troppo legati al vecchio modo di considerare l’essere umano in base al sesso, e non a rispettarlo come persona a prescindere. Anche questa è una chiara forma di razzismo.