Vittorio Chia, “L’indice verde” di Rai 2

Bella presenza, dizione perfetta e una grande passione per la terra, nella quale -a quanto pare- ripone le sue più grandi aspirazioni, questo l’identikit di Vittorio Chia, oggi conduttore per Rai Due della trasmissione L’indice Verde, andata in onda per diverse settimane, di sabato alle 14:00, ma noto anche come attore e regista.
Sorride quando gli chiedo di poter registrare perché la mia memoria è “andata”, ma non si sottrae, né si imbarazza, quando tiro fuori il mio piccolo registratore digitale e lo posiziono tra noi due, niente formalismi: una chiacchierata tra amici.

Vittorio, quando, come e -soprattutto- perché è cominciata questa tua carriera artistica?

A dire il vero, forse non è mai veramente cominciata: mi consideravo -e mi considero- un “artigiano” di questo mestiere. Probabilmente tutto risale a quando ero bambino, alla vita agreste che conducevo, a quella fanciullezza passata a non giocare abbastanza , ai sogni che inevitabilmente facevo e in cui si annidava e prendeva sempre più corpo il bisogno di esprimere le sensazioni che avevo dentro, magari nella poesia, piuttosto che nel teatro. Una necessità di dire quello che avevo dentro e che diversamente non avrei saputo dire.

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Ho studiato all’Accademia d’Arte Drammatica a Roma facendo tantissimi sacrifici per sostenere le spese, facendo i lavori più disparati e riuscendo ad andare in teatro quasi tutte le sere per imparare quanto più possibile e poter superare la dura selezione a cui si era sottoposti. Una volta entrato in Accademia è diventata ancora più dura conciliare lo studio che mi impegnava tutti i giorni, dalla mattina alla sera, e il sabato fino a mezzogiorno, con l’inevitabile lavoro per continuare a mantenermi a Roma, per “sopravvivere”. Ma grazie a Dio ce l’ho fatta!

Dopo quanto tempo sei riuscito a trarre anche un profitto economico da questo mondo in cui sei voluto entrare con tanta caparbietà?

Diciamo che già durante il percorso di studi, grazie alla gentile concessione del Direttore che vedeva in me l’impegno e, evidentemente, anche il talento, ho lavorato con retribuzione. Una delle prime cose che ho fatto e che mi ha molto gratificato, è stata una parte da figurante speciale nel film “Gangs of New York” di Scorsese, con Leonardo Di Caprio e Cameron Diaz. Ricordo che nel film girato a Cinecittà, insieme ai Modena City Ramblers interpretavamo una sorta di Band in cui io suonavo il banjo. Un lavoro retribuito molto bene e tutti i giorni, per più di un mese. La cosa che più mi è rimasta impressa in quel periodo è stato l’incontro con Scorsese: quando si girava si stava molto spesso con gli attori, soprattutto con Daniel Day-Lewis, più raramente con Di Caprio e Cameron Diaz; una sera, a fine riprese, passando davanti al gazebo di Regia mi sono fermato e -con il mio inglese molto scolastico- mi presi l’ardire di portargli i saluti della sua Terra di origine, la Calabria. Lui inizialmente non aveva capito, perciò ho ripetuto tutto più lentamente, scandendo ogni parola. Allora ripetendo più volte “ Ah, Calabria! Fantastica Calabria!”, mi ha abbracciato e mi ha quasi sollevato da terra. E’ stata una grandissima emozione.

Lo immagino.
Piccola parentesi: guardando il film “Basilicata Coast to Coast”. di e con Rocco Papaleo -attore, regista, cabarettista, jazzista…-, ho ripensato ad una serata in pizzeria, diversi anni fa, e mi sono ricordato che eravate amici, che avevate lavorato insieme. Lo senti ancora quel matto simpaticone di Rocco?

Il grande Rocco Papaleo! Si, siamo rimasti molto amici e ogni volta che ci sentiamo è sempre una festa. Una persona eccezionale, un grande attore e anche jazzista e cabarettista, si! Fu una bella serata, la ricordo bene. Fu allora che io e te ci siamo conosciuti.

Vero, fu proprio quella sera. Tralasciamo tutto il resto della tua carriera da attore che ti ha visto in un ruolo importante ne “Il capitano 2” e in diverse altre Fiction, e poi in tanti Teatri, prima da attore e poi da Regista.
Parliamo di questa tua ultima “performance” da conduttore televisivo.
Nel vederti su Rai 2, il sabato pomeriggio, ho scoperto la tua incredibile capacità di comunicazione senza alcuna emozione dell’obiettivo, ma soprattutto la tua grande preparazione sull’argomento del giardinaggio e la tua manualità nel realizzare dal nulla, in ogni puntata, un giardino di tutto rispetto.
Da dove viene fuori questa grinta, la preparazione e la passione che ci metti, oltre l’indiscutibile professionalità in entrambe le vesti che ricopri? E’ stata anche per te una scoperta, o sapevi di essere così bravo?

Si, in effetti alla fine, per quanto riguarda il teatro, la mia vera passione si è rivelata la regia, non tanto quella di fare l’attore. Ma per quanto riguarda questa esperienza da conduttore, in verità la cosa è nata veramente per caso, perché cercavano un conduttore (lo scorso anno avevo fatto su La7 l’assistente e co-conduttore in un programma analogo, “L’erba del vicino”) per tredici puntate di un programma, “L’indice verde”, e sono andato a fare il provino. In effetti la mia passione per la terra ha influito moltissimo, così come la scelta di studiare Agraria all’università; l’immediatezza di fare contemporaneamente il lavoro manuale e spiegare in modo tecnico, ma semplice, quello che stavo facendo, è stata la mia arma vincente, non c’è dubbio.

Con l’augurio che la Rai e la produzione sappiano apprezzare e valutare la fortuna che gli è capitata di avere in un “solo colpo” sia il conduttore, sia il tecnico e sia l’operaio per il prosieguo nel futuro  de “L’indice verde”, puoi dirci brevemente quali sono i tuoi progetti per il futuro e, soprattutto, i tuoi sogni da realizzare?

Innanzitutto continuerò a lavorare su me stesso per diventare un padre, un fratello e un figlio migliore,  più capace. Intendo seguire il percorso che ho scelto da un po’ di tempo a questa parte, diventare un uomo. Per quanto riguarda il resto, mi piacerebbe riuscire ancora a coniugare in futuro il ruolo televisivo con questo mio amore per la terra e, perché no, lasciare aperte le porte a quanto ancora la vita voglia offrirmi nel campo del cinema e del teatro. Come si suol dire, “mai dire mai”.

Ecco, questo è Vittorio Chia: un artista che non si è lasciato vincere dalla tentazione di sentirsi “superiore” agli altri solo per essere stato sugli schermi e sui teleschermi, sui palcoscenici e sui rotocalchi. Un uomo semplice, modesto. Il classico “bravo ragazzo” che tutti vorrebbero avere alla porta accanto.

Pubblicato sul numero 41 della Rivista Bimestrale Klichè – Febbraio 2014

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