“Caffè?”… “Già preso, grazie…”

Caffè gà preso grazie

Che tristezza quando cominciano le strette di mano, i saluti, gli inviti al bar, in pizzeria, o i convegni dai temi più disparati, le manifestazioni culturali create ad hoc o “sfruttate” da talune persone per darsi una visibilità finalizzata all’ottenimento di consensi elettorali.
Te ne accorgi da come ti puntano, da come si approcciano, dalle parole e dai gesti che utilizzano per “prendere la scena”, da come siano presenti sempre e ovunque pur di “apparire” in pubblico. Te le ritrovi ad occupare ruoli insoliti, magari molto lontani da quelle che sono le proprie competenze, e in ogni caso decisamente inopportuni per la credibilità stessa del contesto in cui si vanno a calare.
Me lo sono domandato spesso, nel corso degli anni, il perché di queste presunzioni, sia che si sia imposta la propria presenza, sia che si sia accettato un invito formulato da chi quel contesto lo organizza o lo gestisce.
Ho fatto il fotografo per ventitre lunghi anni, ma una sola volta, ad esempio, ho accettato di giudicare le immagini catturate da altre persone e presentate ad un Concorso. Una scelta divenuta ancora più categorica proprio dopo quell’occasione, ma non perché non ne avessi titolo o le competenze tecniche, ma perché per giudicare un’arte occorre essere artisti, e io non mi sono mai definito tale per quanto riguarda la fotografia. Ho sempre avuto molta stima per amatori che nell’arco della loro vita hanno catturato immagini bellissime realizzando mostre o pubblicando libri fotografici, e ho riconosciuto in loro le competenze giuste per quel ruolo, piuttosto che il mio saper riconoscere i tecnicismi usati per la realizzazione e magari incapace di cogliere la motivazione artistica di quella scelta. Ecco perché non vedo di buon grado alcune “forzature” nella scelta di chi deve o può ricoprire un ruolo per una “assonanza” con l’argomento e non per una vera competenza. Ecco perché talune scelte le vedo più politiche che tecniche. Ecco perché mi tengo a distanza da chi le compie e da chi le accetta. Ecco perché mi tengo a debita distanza da certe strette di mano, da certi inviti, da certi ammiccamenti, da certi atteggiamenti che nascondono un secondo fine, ma anche da situazioni palesi che però offendono la mia intelligenza.
E’ triste, dicevo, dover assistere a questo tipo di contaminazioni, a questa invadenza in tutti i campi che di fatto limitano la libertà di chi è poi costretto a rinunciare talvolta anche ad un caffè per non doverne accettare uno offerto con ben altri intenti della pura cortesia.
Saremo anche nel 2013, ma per alcune “vecchie” figure -e anche per quelle “nuove” che ne hanno ereditato i modi- il tempo sembra non passare mai, e continuano a pensare che non saranno mai scoperti in questo gioco, almeno per me, molto offensivo.