Strategie di mercato e “voci di piazza”.

Strategie di mercato

Leggendo alcuni articoli o i soli titoli di pezzi giornalistici, siano essi su carta stampata, piuttosto che sul web, o che siano sotto forma di servizi video lanciati dal conduttore di un tg, piuttosto che caricati sul web, mi verrebbe voglia di chiedere se tutti gli autori abbiano assistito alla stessa “partita“.
Il titolo accattivante invoglia a leggere il pezzo, così come una locandina pubblicitaria può spingere all’acquisto del giornale, ma molto spesso accade che entrambe le cose siano decisamente fuorvianti rispetto al contenuto dell’articolo stesso, se non addirittura un falso che non trova riscontro nel fatto realmente accaduto. Risultano essere delle pure strategie di mercato configurabili, a mio avviso, persino come reato.
Coloro che si impegnano per conto di una testata a raccontare le notizie di una città, così come coloro che si propongono di raccontarle in proprio, si assumono una grande responsabilità soprattutto etica, che impone a se stessi di essere quanto più imparziali sia possibile, di non inventare nulla, di osservare un tipo di comportamento eticamente impeccabile. Ma questa è un’altra cosa.
Anche l’insana abitudine di esprimere opinioni su argomenti le cui informazioni provengono dalle “voci di piazza” -invece che essere ricercate alla fonte-, unita spesse volte a rancori o a risentimenti personali, porta sempre a sprecare tempo e a disquisire su argomentazioni prive di qualsiasi base su cui edificare delle tesi o muovere eventuali contestazioni. Ma non solo. Spesso accade che la “voce di piazza“, proprio in virtù di opinioni espresse su notizie false, viene talmente alimentata e presa per vera, che arriva persino ad essere sostituita alla verità stessa, provocando danni su danni e contribuendo al gioco al massacro insieme a chi tali falsità le ha inizialmente divulgate.
Occhio, dunque: approfondire sempre, e andare alla fonte delle notizie per essere certi di non essere imbrogliati e, conseguentemente, imbrogliare.

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